La Corte di Cassazione ha confermato la sentenza di condanna (emessa del giudice del Tribunale di Monopoli nel novembre del 2011), secondo cui l'ASL è tenuta a risarcire, per danno morale, il proprietario di un cagnolino che era stato sbranato da randagi.
Secondo la Cassazione, infatti, la responsabilità risarcitoria non è da imputarsi "al Comune", ma direttamente all'Azienda sanitaria locale quale ente deputato al controllo del fenomeno locale del randagismo. Inoltre la Cassazione prevede sia possibile quantificare in modo oggettivo un risarcimento del "danno patrimoniale" (perdita del valore commerciale del cane) e non invece quantificare a dovere il danno non patrimoniale perché il danno maggiore per il proprietario del cane è stata la perdita di un affetto (perdita di godimento in termini affettivi): "un tale danno non può definirsi trascurabile o futile poiché è invece significativo e non immaginario avendo causato una sofferenza acuta nella proprietaria. Qui non si tratta di risarcire un disagio, un fastidio, un'ansia o ogni altro tipo d'insoddisfazione che riguarda la vita quotidiana, ma una sofferenza interiore transeunte, diretta conseguenza di un fatto illecito che ha reciso un rapporto consolidato tra proprietario e bene dal quale il primo riceveva un'evidente utilità".
L'Azienda Sanitaria è stata così condannata al risarcimento del danno morale (euro 500,00), risarcimento che va ad aggiungersi ai 198,46 euro per le spese veterinarie.