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ITALIA - Cassazione n. 44905/2011 ("Abbaio cani reato di pericolo presunto")

(Sentenza n. 44905/2011 del 2 dicembre 2011, C. di Cassazione 1° Sez. Penale).

Cosa dice? ItaliaPerché si configuri, cioè sia rilevabile, una violazione dell'art. 659 C. Penale ("Disturbo delle occupazioni e del riposto delle persone"), trattandosi di reato di pericolo presunto in questo caso non è stata necessaria prova dell'effettivo disturbo di più persone, dimostrandosi sufficiente "l'idoneità del fatto a disturbare un numero indeterminato di persone" (nel caso in questione, si parlava di cani tenuti sul terrazzo di un appartamento situato in pieno centro cittadino e circondato da altre abitazioni e il disturbo si è dimostrato cocnreto per il suo modo di manifestarsi in intensità e frequenza nel giorno e nella notte). La sentenza qui riportata respinge il ricorso avviato dai proprietari dei cani contro la precedente sentenza di colpevolezza, attuata da parte del Gup di Sciacca per non aver impedito strepito di due cani, da cui il disturbo delle occupazioni e del riposo di un vicino.
Ricordiamo che esistono comunque diverse sentenze della Cassazione relative al disturbo derivabile dall'abbaiare dei cani (sez. Sentenze della Cassazione) e che, per approfondimenti e chiarimenti, esiste anche la relativa scheda utile (Animali e condominio)

Testo della sentenza

Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 4.2.2011 il Gup del Tribunale di Sciacca, a seguito di opposizione al decreto penale di condanna, con il rito abbreviato, condannava M. L. ed A. G. alla pena di euro 200 di ammenda ciascuno, nonché, in solido al risarcimento del danno alla parte civile, per il reato di cui agli artt. 110 e 659, primo comma, cod. pen., accertato sino al 23.1.2009, per avere disturbato le occupazioni ed il riposo di T. P. non impedendo lo strepito di due cani.
La responsabilità degli imputati veniva affermata sulla base delle dichiarazioni di T. P., ritenute attendibili, il quale con atto di querela aveva denunciato che da circa due anni gli strepiti continui di due cani, provenienti dall'abitazione dirimpettaia, disturbavano ininterrottamente sia durante le ore del giorno che della notte. Tali circostanze risultavano confortate dal contenuto delle relazioni di servizio redatte dai Carabinieri.
2. Hanno proposto ricorso per cassazione gli imputati, tramite il difensore di fiducia, con un unico atto, deducendo: la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine alla configurabilità del reato di cui all'art. 659 cod. pen.; la violazione di legge in ordine alla valutazione della prova della responsabilità degli imputati; l'inosservanza del principio dell’“oltre ogni ragionevole dubbio”.
Il giudice aveva omesso qualsivoglia verifica e valutazione in ordine al presupposto del superamento del limite di normale tollerabilità dei rumori determinati dall'abbaiare e dai gemiti dei cani. Aveva fondato la prova su relazioni redatte dai colleghi del T., querelante, prive della data dell'intervento effettuato e contraddette da altro accertamento effettuato da altro militare secondo il quale l'abbaiare proveniva da altra abitazione; inoltre, era stato del tutto sottovalutato il contenuto dell'informativa di reato del 13.3.2009.
Non è stata effettuata alcuna valutazione critica in ordine alla effettiva idoneità degli strepiti e dei lamenti degli animali a recare pregiudizio alla quiete ed al riposo di un numero indeterminato di soggetti.
Infine, si lamenta la mancanza di motivazione in ordine alla configurabilità della responsabilità in capo ad entrambi i ricorrenti.

Considerato in diritto
Il ricorso, ai limiti dell'ammissibilità, non è fondato.
va ricordato che se è vero che per la configurabilità della contravvenzione prevista dall'art. 659 cod. pen. è necessario che i lamentati rumori abbiano attitudine a propagarsi e a costituire un disturbo per una potenziale pluralità di persone, ancorché non tutte siano state, poi, disturbate (Sez. 1, n. 1394, 09/12/1999, Bedigni, rv. 215327), tuttavia, trattandosi di reato di pericolo presunto, non è necessaria la prova dell'effettivo disturbo di più persone, ma è sufficiente l'idoneità del fatto a disturbare un numero indeterminato di persone (Sez. 1, n. 40393, 08/10/2004, Squizzato, rv. 230643).
Nella specie, invero, il giudice ha precisato che, alla luce degli elementi acquisiti, pur non risultando la prova dell'effettivo disturbo di una pluralità di soggetti, risultava dimostrata l'idoneità del potenziale disturbo di un numero indeterminato di persone.
Con motivazione immune da vizi di coerenza e logicità ha rilevato che lo strepito di cani per il suo modo di manifestarsi, intensità e frequenza nel giorno e nella notte, provenendo da cani tenuti in un terrazzino di un appartamento circondato da altre abitazioni, situato nel pieno centro abitato, costituiva senza dubbio un potenziale disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone. Pertanto, risultano infondate le censure del ricorrenti in ordine alla omessa valutazione critica circa l'effettiva idoneità degli strepiti e dei lamenti degli animali a recare pregiudizio alla quiete ed al riposo di un numero indeterminato di soggetti, nonché, avuto riguardi alla verifica del superamento del limite di normale tollerabilità.
Le doglianze relative alla circostanza che la prova è stata fondata su relazioni redatte dai colleghi del T. prive della data dell'intervento effettuato e contraddette dall'accertamento effettuato da altro militare, secondo il quale l'abbaiare proveniva da altra abitazione, nonché, dal contenuto dell'informativa di reato del 13.3.2009, oltre a sostanziarsi in censure di fatto, peccano sotto il profilo dell'autosufficienza in mancanza di qualsivoglia allegazione dei citati atti.
Del tutto aspecifica è la contestazione in ordine alla configurabilità in capo a ciascuno dei ricorrenti dell’obbligo di impedire che i cani abbaiassero e della conseguente condotta omissiva.
In conclusione, quindi, il ricorso deve essere rigettato ed l ricorrenti devono essere condannati al pagamento delle spese processuali e in solido alla refusione delle spese sostenute in grado dalla parte civile costituita che si liquidano in euro 2.000,00, oltre rimborso forfettario per spese generali, IVA e CPA.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché, in solido alla refusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile che liquida in euro 2.000,00, oltre rimborso forfettario per spese generali, IVA e CPA.